I giardini romantici visita del 19 maggio 2019
Piero Longo ed Ernesta Morabito ci hanno guidato attraverso un percorso inedito tra i giardini romantici della città borghese, tra storia e vegetazione. Abbiamo percorso Villa Trabia, il Giardino Falcone Morvillo e il Giardino Inglese.
Nel 1756 Don Paolo Spinelli avviava la trasformazione di una casena rustica in una grande villa con giardino lungo la via Terre Rosse, a circa un miglio dalla città. Alla morte di Spinelli nel 1770 il terreno passa alla famiglia Gaetani, Principi di Cassaro, ai quali risale l'attuale impianto che vede allineati lungo un unico asse centrale la villa, la fontana principale, il viale d'accesso e il ponte con un belvedere. Nel 1814 la villa viene acquisita da Giuseppe Lanza Branciforti, principe di Trabia, cui risale l'attuale denominazione. Negli anni ottante del XlX secolo, sotto l'impulso della Principessa Sofia di Trabia, furono trasformati sia la villa, su progetto di Giuseppe Patricolo, che il giardino, a cui lavorò il capo giardiniere Vincenzo Ostinelli. Il giardino, seguendo la moda del momento, divenne un parco romantico ornato con panchine, vialetti, statue e fontane, con araucarie, palme, conifere, fichi ornamentali e querce.
Il viale principale, detto viale della catena, giunge rettilineo dalla villa padronale all’ingresso monumentale su via Marchese Ugo, percorrendo l’intera tenuta e attraversando, con un ponte a sette arcate, una zona scoscesa, detta "pirrera", cave di calcarenite, su cui era il belvedere e dove oggi corre la via Piersanti Mattarella. All’incrocio con un viale ortogonale fu posta la fontana del Glauco, scolpita nel 1779 da Filippo Pennino e restaurata nel 2003 su iniziativa di Italia Nostra Palermo; il gruppo scultoreo è formato da un Tritone con putti e mostri marini disposti su un basamento roccioso. Tra gli anni ’50 e gli anni ’70 del XX secolo Villa Trabia ha subito un lungo periodo di abbandono e degrado. Nel 1984 è stata acquisita dal Comune di Palermo. La villa ospita una sede distaccata del comune di Palermo.
Giunti all’ingresso orientale, percorrendo una breve gradinata, siamo entrati nel parterre del giardino Garibaldi, ora intitolato a Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, inizialmente parte del Giardino Inglese. Al centro è posto il monumento equestre dedicato a Giuseppe Garibaldi, opera di Vincenzo Ragusa (1892) che si erge su un’imponente base rivestita in marmi con i bassorilievi Partenza da Quarto e Arrivo a Palermo; ai piedi è posto un magnifico leone bronzeo nell’atto di spezzare le catene che rappresenta la Sicilia (Mario Rutelli 1890). Vi si trovano inoltre i busti di Giacinto Carini, di Benedetto Civiletti (1888), e di Vincenzo Giordano Orsini, di Domenico De Lisi.
Attraversata via Libertà siamo giunti al Giardino Inglese progettato nel 1850 da G.B. Filippo Basile, realizzato tra il 1850 ed il 1853 ed organizzato come un giardino romantico di ispirazione inglese. Viali liberi e percorsi sinuosi si snodano tra collinette (sette in origine) ed anfratti, in parte esistenti ed in parte realizzati appositamente, zone piantumate a boschetto, pinete, giardini e siepi dai contorni curvilinei. All’interno della villa sono sistemati busti in marmo e sculture in bronzo, opere dei migliori scultori siciliani dell’ultimo ‘800 e dei primi anni del XX secolo, tra cui il busto in marmo di Edmondo de Amicis, di Mario Rutelli (1910); il busto in marmo di Stefano Tedeschi Oddi, di Cesare Ximenes; la testa in marmo di Luigi Pirandello, di Antonio Ugo (1938); il busto in bronzo di Cesare Battisti, di Pasquale Civiletti (1918); il busto bronzeo di Jose Enrique Rodo, di E. Prati (1961); la statua in bronzo della Piccola vedetta lombarda, di Giovanni Nicolini (1960); il monumento commemorativo ai Caduti di Palermo; la lapide ai caduti della Divisione Aqui; il gruppo dei Fratelli, nel laghetto centrale, opera di Mario Rutelli; la vasca ornamentale con Putto con oca, opera di Rosario Bagnasco (1892); la grande vasca irregolare con isola e statua del Bambino in marmo di Domenico De Lisi (1919). Nell’area centrale è il Castello saraceno, padiglione neo-moresco dove è sistemato il gruppo dei Fratelli Canaris a Scio, opera di B. Civiletti 1876; nell’area nord-occidentale è posta una magnifica serra in ghisa e vetro.